GRAFENWALDER in bottiglia Vs Generale Inverno

discount or die

GRAFENWALDER (in bottiglia) resistente.

Nonostante il Generale Inverno.

 

richlerCosa: birra “premium”

Alcol: 4,8° 

Nome: Grafenwalder

Dove: Lidl

Costo: 0,78 euro in bottiglia da 66cl

Voto: 5/5

In uno dei suoi ultimi romanzi, Mordecai Richler sosteneva che “l’inverno è quando le birre in vetro non hanno più bisogno di essere messe in frigo”. Come potremmo noi, che siamo sì poca cosa in confronto al grande Mordecai, distaccarci da questa sua massima? Perché sì, perché se non bastasse la crisi del gas ucraino, la depressione isterica di Dudù, le solite primarie farlocche del PD, gli speciali sulla cucina delle feste e via discorrendo, basterebbe tirare fuori una Birra Ignorante dal frigo e congelarci il palmo della mano per capire che è arrivato il Generale Inverno. E che, parimenti a Napoleone durante la campagna di Russia, non avremo scampo.

Intendiamoci, non che abbia nulla contro l’inverno. Solo, tendenzialmente, odio il Natale, odio Capodanno, odio l’Epifania e, in fin dei conti, odio anche Carnevale. Un buon inizio, Andreij, direte voi. Non c’è male, grazie, lo devo ammettere. Tuttavia, in questa selva di feste non desiderate, cene non richieste, paccottiglie varie e parentado molesto, vi è ancora qualcosa che mi sento di salvare dell’inverno: ovvero, la conservazione delle Birre Ignoranti. Perché sì, perché se durante l’estate non si fa in tempo a stappare una Perlenbacher da 33cl che si può già provare la sensazione di bere il mitico Lipton Ice Tea di Dan Peterson a temperatura ambiente, durante l’inverno la durata media di una Birra Ignorante in bottiglia di vetro aumenta sensibilmente. Permettendo a ogni buon bevitore di assaporare con piacere e freschezza, i mitici luppoli e malti d’orzo scivolare giù dalla gola fino a irrorare lo stomaco. E, da lì, scatenarsi verso le nostre ultime, personali, Stalingrado. Perché sì, perché ognuno di noi ha le sue personali sacche di resistenza. E la lotta va vinta, nonostante sia ardua.

Detto questo, l’inverno è quella stagione in cui le Birre Ignoranti, piuttosto che rifiorire, resistono. Ogni buon bevitore lo sa. Le tentazioni sono infinite: vini, superalcolici da quattro soldi, puch e brulè vari. Insomma, le selve oscure in cui perdere la retta via sono numerose e allettanti. Tuttavia un bevitore invernale non deve mai farsi cogliere in tentazione e, parimenti alla mano congelata fattasi un tutt’uno con il vetro della bottiglia da 66cl, non deve abbandonare il colpo. Perché mica i grandi passi dell’umanità sono stati compiuti arretrando di volta in volta! Perché non avremmo ciò che abbiamo ora (già, ma cosa abbiamo, ora?) se i veri birrificatori ignoranti si fossero arresi alla prima campagna promozionale di una qualsiasi Radler del cazzo. Perché, per l’appunto, il vero Bevitore Ignorante è duro e resistente. E non si arrende di fronte alle prime difficoltà. Mai. Neppure se queste si chiamano inverno.

Così vagavo, anima in pena, tra gli scaffali del LIDL di paese; destreggiandomi tra i dolci natalizi di matrice teutonica (sui quali, chissà perché, il LIDL ha dominio incontrastato), le bibite Freeway, gli strumenti musicali di plastica (qualcuno mi deve spiegare perché, a Natale, si regalano strumenti musicali di plastica; vorrei ben sapere quale Robert Smith dei nostri tempi ha iniziato a suonare la chitarra perché lo zio Tal dei Tali gli ha regalato una chitarra di plastica made in LIDL) e i panettoni da discount. Demoralizzato, più che deluso. Convinto che no, che anche questo sarebbe stato il solito inverno passato a bere Finkbraü, guardare per l’ennesima volta “Shining”, ascoltare i Cure allo sfinimento e rileggere Mordecai Richler. E invece no! No, cazzo! Perché, attraversando la corsia dedicata alle Birre Ignoranti (sempre più miserella, però, caro il mio Mr. LIDL!) l’ho vista. E sì, cari amici, a voi lo posso dire: me ne sono innamorato.

Sto, ovviamente, parlando della mitica Grafenwalder in bottiglia di vetro da 66cl. Bella come il sole, con quella sua etichetta dorata e verde (recante la dicitura “birra”, sai mai qualche vecchina la scambiasse per una candela dell’avvento), e con l’effige di tre “decorazioni” (una identica all’altra) inneggianti a una non meglio specificata “Exposition Universelle Internationale”. Cui, si suppone, la Grafenwalder abbia partecipato. Senza, però, specificare anno, risultato, qualifica, luogo e via dicendo. Un po’ come le medaglie di cartone che davamo ai nostri genitori da piccoli, quando facevamo l’asilo per intenderci. Quelle che avevano su scritto “al miglior papà del mondo” o “a una mamma fantastica”, e che avevano lo stesso valore legale di un controllo di polizia fatto dal commissario Auricchio/Lino Banfi. In ogni caso, non mi curo molto del perché di quelle decorazioni: la scoperta della Grafenwalder in bottiglia da 66cl è qualcosa che, per dirla alla Nietzsche, va al di là del bene e del male. Ricordo le infinite volte passate a rimirare le meravigliose lattine di Grafenwalder nelle loro tipologie più disparate: premium, waizen, strong, dark. E le ricordo così: le une a fianco alle altre come soldatini di diverse guarnigioni. Tutte attente e colorate, pronte a rispondere “obbedisco” alla chiamata del primo Bevitore Ignorante di turno. Saperla, quindi, protetta e arroccata per l’inverno in un’elegante e funzionale bottiglia di vetro da 66cl mi ha scaldato il cuore come nemmeno un caminetto scoppiettante. Come nemmeno una tazza di punch al rhum bevuta al bar, accanto all’ubriacone del paese. Come nient’altro, insomma, che non sia il ricordo di un’infanzia passata a far la spola tra il LIDL e il parchetto. Nelle afose estati post-adolescenziali e pre-esami, in cui il sollievo di una lattina di Grafenwalder calda era pari soltanto a quello dato da un gavettone inaspettato o da un “rimorchio” inatteso.

Per i puristi, la Grafenwalder è una “premium” da 4,8° gradi, venduta a 0,78 euro in bottiglie da 66cl. Prodotta in Italia per conto di LIDL, si caratterizza per la sua estrema freschezza e bevibilità, e per quel non so che di recrudescenza resistente che caratterizza tutte le Birre Ignoranti pronte e corazzate per affrontare l’inverno del nostro scontento. Ha un colore chiaro e una frizzantezza adeguata, ma non eccessiva. Perfetta per essere bevuta con costanza, nel tentativo di riscaldarsi e risollevarsi dai rigori dell’inverno. Per intenderci, se Jack Torrance in “Shining” avesse avuto dalla sua una cassa di Grafenwalder, col cazzo che Danny e Wendy avrebbero sfangato il lupo cattivo: avrebbero dovuto “accettare” la vera realtà, ovvero che anche d’inverno e con la neve a go-go le Birre Ignoranti possono dire la loro. E, su tutte, la Grafenwalder gioca una parte da leone perché, grazie a una bottiglia più prensile e affusolata (studi di ingegneria termica affermano che la dispersione di calore in una bottiglia di Grafenwalder è pari alla dispersione elettrica dell’elettroforo perpetuo di Alessandro Volta), può ben soppiantare l’eterna Finkbraü nell’immaginario collettivo del Bevitore Ignorante. Giustificando al mondo intero le tre decorazioni ottenute alla misteriosa “Exposition Universelle Internationale”. Che, per i pignoli benpensanti, saranno anche sintomo di ingiustificata vanagloria, mentre per me ribadiscono ciò che non serviva ribadire: ovvero che le medaglie etiliche si ottengono sul campo delle Birre Ignoranti. Poche storie. E non sarà una data mancante o un luogo non meglio specificato a farmi cambiare idea.

Perché l’ennesima visione di “Shining” ha già un altro sapore.

Perché l’ennesimo ascolto di “Disintegration” ha già un’altra vibrazione.

Perché l’ennesima lettura di Mordecai Richler ha già nuove connotazioni.

Mentre l’ennesimo sorso di Grafenwalder (fortunatamente) ha sempre lo stesso gusto.

Perché sono stanco di novità.

Veni, vidi, Grafenwalder.

 

by on 6 Dicembre 2013

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